RICERCA PRODOTTI : {{query}}

{{errore}}
Protocollo IPv6: cos’è, a cosa serve e perché è il
Selene Sovilla 8 marzo 2021

Protocollo IPv6: cos’è, a cosa serve e perché è il nostro futuro.

Condividi Condividi su Facebook Condividi su Linkedin

Conoscete il vostro indirizzo IP?
È sufficiente digitare nella barra di ricerca Google “Qual è il mio indirizzo IP?” e lo scoprirete subito. Ma guardatelo bene, perché nei prossimi anni cambierà radicalmente.

Difatti, per chi non lo sapesse, gli indirizzi IP in tutto il mondo sono quasi esauriti. Ma di cosa stiamo parlando esattamente?

Internet Protocol Address

In parole semplici, l’Indirizzo IP è un numero che identifica in modo chiaro un dispositivo, quale un computer, una stampante o una telecamera di videosorveglianza, e che permette l’indirizzamento di dati da e verso di esso – esattamente allo stesso modo di un indirizzo abitativo inclusivo di tutti i dettagli.

Attualmente esistono varie categorizzazioni di IP, di cui principalmente quelli pubblici o privati, dinamici o statici.
Un IP pubblico è un indirizzo accessibile da qualsiasi altro indirizzo e dispositivo collegato ad una rete Internet. Al contrario, un IP privato fa parte esclusivamente di una rete locale e non è raggiungibile dall’esterno.
Si parla, invece, di IP dinamico quando ad un dispositivo viene assegnato un indirizzo casuale, inutilizzato in quel preciso momento, e che varia nel tempo modificandosi a termine sessione di collegamento oppure ad intervalli regolari. Mentre un IP statico è un indirizzo assegnato sempre ad uno stesso dispositivo e che dunque non muta; questo torna utile soprattutto per quegli strumenti che hanno necessità di essere sempre raggiungibili ad uno stesso indirizzo, come ad esempio le telecamere di videosorveglianza.

Come funzionano gli indirizzi IP?

Pubblicato nel Settembre 1981 dall’organismo internazionale Internet Engeneering Task Force (IETF), e parte della famiglia di protocolli TCP/IP, l’IPv4 è la quarta revisione del protocollo Internet che regola l’interconnessione tra reti e che permette l’indirizzamento e commutazione di dati tra sottoreti diverse tra loro.

L’IPv4 gestisce indirizzi a 32 bit e dispone dunque di un numero di indirizzi pari a 232, ossia ben 4.294.967.296.

Ma come vengono gestiti?

Nel mondo sono tre le principali istituzioni che gestiscono gli indirizzi IP, tutte strettamente legate tra loro: ICANN, IANA e i RIR.

La Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN, Ente Internet per Nomi e Numeri Assegnati) viene istituita in California (USA) nel 1998 come conseguenza della grande espansione di Internet: è un’organizzazione, internazionale dal 2016, nata proprio col compito di amministrare gli incarichi di gestione della rete, sino ad allora affidati a vari organismi. Al suo interno viene in seguito inserita la Internet Assigned Numbers Authority (IANA, Autorità Internet per i Numeri Assegnati), fondata nel 1988 durante la transizione da ARPANET ad Internet e la quale ha poi assunto il ruolo preciso di assegnazione degli indirizzi IP nel mondo. (Leggi il nostro articolo su Chi ha inventato Internet?).

Le funzioni sono poi ulteriormente delegate in ogni continente tramite i Regional Internet Registry (RIR, Registro Internet Regionale), organizzazioni che sovrintendono l’assegnamento e registrazione delle risorse numeriche in una determinata zona geografica. Attualmente ne esistono cinque:

  • AfriNIC per l’Africa;
  • APNIC per Asia e Oceano Pacifico;
  • ARIN per Nord America;
  • LACNIC per America Latina e Caraibi;
  • RIPE NCC per Europa, Medio Oriente e Asia Centrale.

Questi RIR amministrano i database contenenti gli indirizzi IP disponibili, assegnati e assegnabili, per ogni area. Le aziende Internet Service Provider devono dunque registrarsi al proprio RIR di riferimento e solamente così potranno fornire indirizzi IP alla loro clientela.

E come si sta gestendo la carenza di indirizzi IP?

Come menzionato in precedenza, attualmente esistono diverse tipologie di indirizzi IP. Ma come mai?
Il motivo è che se 4.294.967.296 vi sembrano tanti, in realtà non lo sono per nulla: basti pensare al numero di dispositivi connessi ad Internet in ogni azienda e in ogni abitazione, da quelli personali a quelli domestici. Gli oltre 4 miliardi di indirizzi hanno iniziato a scarseggiare già nel 2011 e gli ultimi blocchi disponibili sono stati tutti assegnati ai RIR proprio in quell’anno. Questo è dovuto sia al crescente sviluppo tecnologico globale, e dunque al sempre maggior uso di Internet, sia ad un’iniziale erogazione mal distribuita degli indirizzi.

Il RIPE NCC, il RIR europeo di riferimento, ha annunciato di aver ufficialmente esaurito gli indirizzi IP il 25 Novembre 2019.

Sono varie le soluzioni attualmente in atto in tutto il mondo per far fronte al problema:

  • Riutilizzo di indirizzi IP: il motivo per cui esistono gli IP dinamici. Partendo dal presupposto che non tutti i dispositivi di un’area saranno mai collegati nello stesso momento, quando un indirizzo IP è disponibile viene riassegnato ad un altro dispositivo, in modo tale che non rimangano mai inutilizzati. Ma non solo: esiste anche un mercato di indirizzi IP come sistema di ridistribuzione;

  • Network Address Translation (NAT, Traduzione di Indirizzo di Rete): che cos’è il NAT? Un concetto particolarmente complicato che cercheremo di illustrare in parole semplici. Immaginiamo il NAT come un condominio con portiere: l'IP pubblico è l'ingresso principale, il portiere è il router, gli interni sono gli IP privati dei vari host.

    Ma partiamo dal principio: come spiegato inizialmente, ciascun dispositivo (host) dispone di un indirizzo IP, il quale permette a due dispositivi di raggiungersi tra loro e comunicare anche a distanza. Questa viene chiamata “connessione end-to-end”, ossia da un capo all’altro. Per fare ciò, l’indirizzo IP deve naturalmente essere raggiungibile da un qualsiasi altro dispositivo: ma non esistono più abbastanza IP per tutti. Le organizzazioni mondiali hanno quindi deciso di riservare alcune serie di indirizzi IP e renderle private, ossia accessibili solo dall’interno di una rete locale e non da Internet. Avremo quindi una serie di dispositivi interni – come ad esempio i dispositivi di un’azienda – con IP privato e situati all’interno di una rete locale (“il condominio”); per comunicare da e verso loro sarà necessario un router (“il portiere”), l’unico possessore di un IP pubblico (“la porta d’ingresso e d’uscita”). Quando un host X esterno manderà una comunicazione, questa raggiungerà prima il router, il quale la “tradurrà” poi ai propri IP privati. Viceversa, quando i dispositivi con IP privato vorranno spedire una comunicazione, questa sarà mandata al router, il quale la invierà all’esterno con un IP pubblico uguale per tutti i dispositivi. Tale sistema è chiamato NAT e permette di risparmiare un grande numero indirizzi;
  • Hosting virtuale: molte aziende offrono questo servizio, ovvero ospitare nel proprio server più domini di siti web sotto uno stesso indirizzo IP.

Ma questa scarsità di indirizzi era in realtà stata prevista sin dagli inizi, tanto che nel 1998 l’IPv6 era già diventato Bozza Standard, oltre che successore ufficiale del’IPv4.

Che cos'è l'IPv6?

L’IPv6 è “semplicemente” una versione molto più estesa dell’IPv4 e dispone di un numero incredibile di indirizzi IP: ben 2128, ossia 340.282.366.920.938.463.463.374.607.431.768.211.456, miliardi di miliardi di miliardi! Si stima che per ogni metro quadro di superficie terrestre siano disponibili 655.570.793.348.866.943.898.599 indirizzi IP. Un numero quasi impossibile anche solo da leggere.

Ecco un esempio dei due diversi indirizzi:

  • IPv4: 213.0.113.67
  • IPv6: 2001:0000:4136:e378:8000:63bf:3fff:fdd2

Questo permetterebbe dunque una comunicazione end-to-end a tutti i dispositivi, rendendo superfluo l’uso di IP privati, e consentendo anche alle aziende di gestire comunicazioni bidirezionali senza dover impostare delle regole specifiche nel router. Ma non solo: l’IPv6 potrà supportare il continuo progresso dell’Internet of Things (IoT) e la diffusione di intelligenza artificiale anche a dispositivi di uso pubblico o comune, in modo tale da favorire la digitalizzazione dei servizi e aumentarne autonomia ed efficienza.

Ci accorgeremo della differenza?

Dall’utente non verrà percepito nessun cambiamento nella connessione, dato che le modifiche saranno “interne” alla macchina. IPv4 e IPv6 stanno attualmente convivendo e la maggior parte di chi possiede un indirizzo IPv6 possiede ancora il suo indirizzo IPv4 – e sarà così per molto tempo.

Implementazione effettiva dell’IPv6 e Telemar

L’IPv6 è stato ufficialmente ratificato protocollo Internet Standard nel 2017 e i provider stanno gradualmente iniziando ad implementarlo. Al momento non vi è necessità immediata di sostituire in toto l’IPv4, sia perché le soluzioni menzionate in precedenza svolgono ancora il loro dovere, sia perché sarebbe impossibile un cambio istantaneo di protocollo. In realtà, i più esperti stimano che prima di avere una conversione totale di protocollo in tutti gli ambienti occorreranno decine di anni.

Noi di Telemar abbiamo iniziato la conversione all’IPv6 già nel 2018 e a breve anche i nostri clienti potranno usufruire dei nuovi indirizzi IP.

Vuoi sapere se la tua connessione è già predisposta all’IPv6? Verificalo a questo link!